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domenica 18 dicembre 2011

Drink To Me: Costruire, Crescere

Non prendiamoci in giro, il mondo della critica musicale è un mondo fatto di persone da gusti ben precisi, amicizie, amicizie desiderate, rapporti con le etichette, con i management. Il mondo della critica, come ho già espresso in un post precedente, come immaginavate già, non è privo di favoritismi.

Ho sempre creduto che fosse un male, lo penso ancora, ma quando si tratta di band del genere non c'è proprio niente di cui vergognarsi: i Drink To Me sono cresciuti e sono orgoglioso di loro come potrebbe esserlo un padre del proprio figlio.

Quando li scoprimmo, all'epoca di GlassHouse, erano poco più che mocciosetti impertinenti (musicalmente parlando) ma mostravano con sfacciataggine un'attitudine alla musica spiccata, all'orecchiabilità, producendo un album ammaliante, privo di qualsiasi filtro, in una parola: stupefacente.
Il secondo lavoro, "Brazil", mostrava la ricerca disperata di identità da parte dei tre, a metà strada tra il primo album e ritmi lontanamente alla battles; il risultato fu un disco difficile, ambizioso, di qualità, per pochi, pochissimi.

Tornano alla ribalta delle mie giornate, con un nuovo brano Henry Miller che è la quadratura del cerchio e li rilancia come una delle band più interessanti nel nostro panorama fatto oramai di cantautori dalla chitarra acustica facile e band d'assalto, da sfondamento.
Se questo sarà il percorso, ai DTM non mancherà nulla, il suono c'è, l'attitudine punk al sangue, al sudore e alla merda anche.

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